giovedì 29 dicembre 2011

Il commissario delle ACLI di Isernia Pasquale Orlando visita la sede di Agnone


nella foto sopra (Pasquale Orlando con Antonio Palumbo del Patronato ACLI)
nella foto a lato (Gianluca Di Giovanni , Davide Di Riscio, Pasquale Orlando, Antonio Palumbo)
Posted by Picasa

domenica 11 dicembre 2011

Come cambiano le pensioni La rivoluzione et�per et�


Come cambiano le pensioni La rivoluzione età per età

LA RIFORMA DELLA PREVIDENZA


Ritiro a 66 anni dal 2018, nel 2050 ci vorranno 46 anni di contributi. Niente aumento per il 76%

Pensione di anzianità dopo 42 anni, con l'abolizione delle cosiddette quote e pensione di vecchiaia a 66 anni per gli uomini e a 62 per le donne, già a partire dal 2012. Per il resto, sì al contributivo «pro rata» per tutti dall'anno prossimo, abolizione delle finestre di uscita (i 12 mesi di attesa), e blocco per due anni dell'adeguamento all'inflazione, ad eccezione dei trattamenti più modesti (sino a 936 euro al mese). Queste, in estrema sintesi, le misure più significative del pacchetto previdenziale nella manovra.


Età di vecchiaia
La lenta equiparazione dell'età pensionabile delle donne con quella degli uomini e poi con i 67 anni per tutti è stata accelerata, e in maniera per niente soft. Dal primo gennaio 2012 l'età sale a 62 anni (uno scalone simile a quello messo in atto dalla riforma Maroni, che però non ha mai visto la luce) e sarà ulteriormente elevata a 63 anni e 6 mesi nel 2014, a 65 anni nel 2016 e a 66 a partire dal 2018. Per le lavoratrici autonome (commercianti, artigiane e coltivatrici dirette), invece, lo scalone del 2012 è di 3 anni e 6 mesi (l'età sale da 60 a 63 anni e mezzo). Soglia che sale ulteriormente a 64 e 6 mesi nel 2014, a 65 e 6 mesi nel 2016, sino a raggiungere i 66 anni dal gennaio del 2018. L'elevazione dell'età ci sarà anche per gli uomini, i quali a partire dal 2012 potranno ottenere la pensione di vecchiaia dopo aver compiuto 66 anni. Per loro in sostanza non cambia nulla, in quanto sino a oggi potevano averla sì a 65 anni, ma comunque dovevano aspettare un ulteriore anno (in pratica i 66) per poterla riscuotere.


Addio anzianità
Da circa 20 anni nell'occhio del ciclone, il pensionamento anticipato con 40 anni, a prescindere dall'età anagrafica, stavolta non è rimasto in piedi. A partire dal 2012 per ottenere la pensione prima dell'età della vecchiaia occorrono 42 anni ed un mese per gli uomini e 41 anni ed 1 mese per le donne, requisiti, anche qui, parametrati alle speranze di vita a partire dal 2013. Tali requisiti sono comunque aumentati di un ulteriore mese per il 2013 e di un ulteriore mese a decorrere dal 2014. Questo, in sostanza, significa che nel 2013, ad esempio, anno in cui si comincia ad elevare tutti i parametri anagrafici sulla base delle cosiddette speranze di vita, il minimo di contributi richiesto per il pensionamento anticipato sarà di 42 anni e 5 mesi per gli uomini e 41 anni e 5 mesi per le donne (42 o 41 anni e due mesi più i tre mesi di aumento per via delle speranze di vita). Ma non è finita qui. Al fine di disincentivare il pensionamento anticipato rispetto a quello di vecchiaia, è stata introdotta una misura di riduzione. Qualora, infatti, si chieda la pensione di anzianità prima dei 62 anni di età, l'assegno verrà corrisposto, per la quota retributiva, con una riduzione pari al 2% per ogni anno di anticipo. Se, ad esempio, si richiede la pensione, dopo aver raggiunto i 42 anni (e rotti), all'età di 60 anni, si riscuoterà, per la quota di pensione calcolata con il sistema retributivo, un assegno decurtato del 4%. Il pensionamento anticipato sarà possibile anche per i giovani, coloro cioè che hanno cominciato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995. Per ottenerlo, dovranno aver compiuto 63 anni di età e poter far valere un minimo di 20 anni di contribuzione effettiva. Vi sono inoltre due altre condizioni: bisogna cessare l'attività lavorativa e l'importo del trattamento deve almeno raggiungere un minimo pari a 2,8 volte l'assegno sociale (1.200 euro di oggi). Addio anche alle finestre.


La vita si allunga
La manovra di luglio ha anticipato al 2013 (doveva partire dal 2015) l'adeguamento, che dal 2019 avverrà con cadenza biennale (e non più triennale, come era in origine) in base ai dati forniti dall'Istat. La riforma Monti stabilisce che in assenza dell'incremento dato dalle variazioni demografiche, a partire dal 2021 l'età del pensionamento non può avvenire comunque prima di 67 anni di età.


Chi si salva
Le nuove regole sulle pensioni non si applicano a tutti coloro che hanno raggiunto o raggiungono i requisiti (età e contributi) entro questo mese. Peraltro ben il 76% delle pensioni esistenti saranno interessate dal provvedimento che congela l'indicizzazione per due anni. E le nuove regole sul ritiro si applicano anche alle donne, fino però al 2015, che opteranno per il calcolo interamente contributivo, anche per l'anzianità maturata prima del gennaio 1996, che possono ottenere la pensione di anzianità sulla base di 35 anni di contributi e 57 anni di età (58 anni le lavoratrici autonome); ai lavoratori collocati in mobilità, sulla base di accordi sindacali stipulati prima del 31 ottobre 2011 e che maturano i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione della mobilità; ai lavoratori collocati in mobilità lunga; ai lavoratori che al 31 ottobre 2011 sono titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore (esuberi bancari, assicurativi, ecc.); lavoratori che, antecedentemente alla data del 31 ottobre 2011, siano stati autorizzati alla prosecuzione volontaria.
Contributivo per tutti
Il passaggio al contributivo per tutti sarà pro-rata. E cioè riguarderà la sola contribuzione versata dopo il 31 dicembre 2011. Nel decreto una clausola di salvaguardia precisa che l'importo del trattamento calcolato con il pro-rata non può comunque superare quello che sarebbe scaturito dal calcolo tutto retributivo.

Domenico Comegna



pasquale orlando news sociali: Come cambiano le pensioni La rivoluzione et�per et�

domenica 4 dicembre 2011

FAP Acli: “In pensione dopo 43 anni? Un obolo dei poveri alle casse pubbliche”

FAP Acli: “In pensione dopo 43 anni? Un obolo dei poveri alle casse pubbliche”

Il segretario nazionale Pasquale Orlando: “Netta contrarietà alle ipotesi di riforma del Governo,

sì ad un confronto autentico con le parti sociali”

Roma, 3 dicembre 2011 - “Le anticipazioni relative alla nuova riforma delle pensioni che il governo si accinge ad approvare fanno pensare ad un approccio ai temi della previdenza basato sulla volontà di fare esclusivamente cassa con le pensioni. Così facendo è evidente che il tema del sostegno ai giovani viene usato solo strumentalmente e non per dare risposte effettive”. Lo afferma Pasquale Orlando segretario nazionale della Fap – Federazione anziani e pensionati Acli, che chiede “un confronto autentico” tra esecutivo e parti sociali.


I giornali – prosegue - parlano di una riforma che prevede il blocco dell'adeguamento all'inflazione delle pensioni in essere, che colpirebbe le fasce più deboli, già impoverite dalla caduta del potere d'acquisto di salari e pensioni. Sarebbe un provvedimento che aggraverebbe le condizioni di vita dei pensionati e delle famiglie popolari, che si sono fatte sempre più difficili, con effetti anche sulle condizioni generali del Paese, segnate dalla caduta dei consumi e delle dinamiche recessive ".

“Esprimiamo – continua il segretario nazionale della Fap Acli - netta contrarietà anche all' ipotesi di portare a 43 gli anni di contribuzione necessari per accedere alla pensione di anzianità. I lavoratori - protesta pasquale Orlando- non avrebbero nessun aumento alla pensione, in pratica lavorerebbero gratis. E' un obolo, una donazione alle casse pubbliche da parte dei più poveri. Vorremo invece sapere qual è il conto che debbono pagare i ricchi.”

pasquale orlando news sociali: FAP Acli: “In pensione dopo 43 anni? Un obolo dei poveri alle casse pubbliche”